Le stime dell’Ance rilanciano il pressing per un nuovo intervento sulle cessioni bloccate. Riparte il dialogo tra associazioni e Mef: si punta a ridurre l’impatto dei sequestri in caso di frodi
Un miliardo di crediti incagliati produce il blocco di circa 6mila cantieri, tra unifamiliari e condomini, con il rischio di fallimento di almeno 1.700 imprese di costruzioni e la perdita di circa 9mila occupati. Così, seguendo questa drammatica aritmetica della crisi, ipotizzando (prudenzialmente) 15 miliardi di crediti fiscali attualmente bloccati, gli effetti macroeconomici potrebbero essere devastanti: 25mila imprese a rischio fallimento, 130mila disoccupati in più nel settore delle costruzioni (senza contare le aziende della filiera) e problemi per circa 90mila cantieri. Sono stime dell’Ance, l’associazione dei costruttori, che evidenziano come il bubbone delle cessioni dei crediti stia esplodendo. La catena di venditori e acquirenti, nonostante i correttivi messi in campo dalla legge di Bilancio 2023, non sta più girando. Così migliaia di interventi che contavano, per andare avanti, su questo meccanismo stanno finendo nelle sabbie mobili: banche e intermediari finanziari costretti a chiudere le porte a causa della capacità fiscale esaurita, committenti che non hanno più liquidità per pagare i lavori, imprese che non possono pagare i fornitori. In mezzo, famiglie in difficoltà e condomini nel caos.
Il consiglio generale dell’associazione dei costruttori ieri è stato pieno di racconti dal territorio di grave problematicità: molti cantieri si stanno fermando, con l’ovvia coda di contenziosi. Per rispondere a questa emergenza, il lavoro della politica non si è fermato alla legge di conversione del decreto Aiuti quater e alla legge di Bilancio 2023. Proprio in questi giorni, infatti, è ripreso il pressing di diverse associazioni (Abi, Ance, Consiglio nazionale dei commercialisti, Confedilizia) che, a più riprese, hanno incontrato rappresentanti del ministero dell’Economia per proporre delle soluzioni. I temi sul tavolo sono tre. Quello più complesso perché richiede una norma interpretativa, quindi con effetto retroattivo, riguarda gli effetti dei procedimenti in ambito penale. Una serie di pronunce della Cassazione ha fissato un principio penalizzante per chi compra crediti fiscali: l’acquirente anche se in buona fede subisce gli effetti dei sequestri cautelari. Di fatto, questo si traduce in un forte disincentivo perché il credito fiscale – una volta sequestrato – rischia di essere inutilizzabile per anni. Le proposte di modifica fatte arrivare sul tavolo del Mef puntano a eliminare gli effetti per chi acquista in buona fede (riuscendola poi a dimostrare). Difficile percorrere la strada ipotizzata con gli emendamenti presentati durante la conversione del decreto Aiuti quater che puntavano a “scollegare” il credito d’imposta rispetto alla detrazione.
L’intervento si sarebbe tradotto in una sanatoria generalizzata che aveva incontrato l’opposizione anche a livello tecnico. Le istanze arrivate da associazioni di categoria e professionisti sono ora di delimitare la responsabilità almeno per le cessioni in ambiente protetto.«Il tema della responsabilità penale è fondamentale per far ripartire il mercato. Ci stiamo impegnando facendo dialogare Governo e operatori per trovare una soluzione che possa entrare nel primo veicolo normativo disponibile» spiega al Sole 24 Ore, Andrea de Bertoldi, deputato di Fratelli d’Italia. Ma non c’è solo questo fronte. Un altro obiettivo è quello di replicare il “modello Treviso”, dove la Provincia con un’operazione pilota ha acquistato da due banche 14,5 milioni di crediti. Questo schema applicato su scala più larga potrebbe rappresentare una valvola di sfogo per i crediti attualmente fermi.A completare il quadro poi c’è la richiesta di un ritorno a un pieno coinvolgimento di tutti gli operatori che hanno avuto un ruolo significativo per far decollare la cessione dei crediti da bonus edilizi nella fase iniziale. In questo senso, l’istanza ricorrente mira a un ritorno sul mercato da parte di Poste. Sullo sfondo, infine, non è mai stata completamente archiviata l’idea di Abi e Ance di utilizzare gli F24 intermediati dagli istituti di credito per smaltire lo stock dei crediti incagliati. Un’idea deve fare i conti con la classificazione Eurostat e quindi con gli effetti in termini di aumento del debito pubblico.
(Fonte: ilsole24ore.com)