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Superbonus, la convocazione dell’assemblea non basta a salvare l’agevolazione

La risposta delle Entrate a Telefisco. Per blindare l’agevolazione nel 2023 bisogna guardare alla data della delibera e non alla convocazione, anche se arrivata via posta certificata

Per evitare la riduzione del superbonus dal 110% al 90% nel 2023 per i condomìni non rileva la data di convocazione dell’assemblea straordinaria condominiale, ma rileva solo la data della delibera assembleare di approvazione degli interventi riconducibili al superbonus che deve essere stata adottata entro il 18 novembre 2022 (e, in tal caso, la Cila andava presentata entro il 31 dicembre 2022) ovvero tra il 19 novembre e il 24 novembre 2022 (e, in tal caso, la Cila andava presentata entro il 25 novembre 2022). L’agenzia delle Entrate, quindi, nella risposta data a Telefisco 2023 di ieri, non ha dato alcuna rilevanza al fatto che la convocazione dell’assemblea straordinaria, nell’esempio della domanda, fosse avvenuta, addirittura via posta elettronica certificata, in data 9 novembre 2022 (cioè prima sia del 19 novembre che del 25 novembre), in quanto gli interventi sono stati deliberati dall’assemblea solo il 30 novembre 2022 (cioè sia dopo il 18 novembre che dopo il 24 novembre).

Grazie alla legge di Bilancio 2023 non si applica, per il 2023, la riduzione del superbonus del 110% al 90% per i condomìni, i proprietari unici di edifici con unità da due a quattro, le Onlus, le Odv, le Aps e le demolizioni e ricostruzioni, nei seguenti casi:
1) per i condomìni, se entro il 31 dicembre 2022 è stata presentata la Cilas e contemporaneamente entro il 18 novembre 2022 risulta adottata la delibera assembleare che ha approvato l’esecuzione dei lavori; questa data deve essere attestata, con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà (rilasciata in base all’articolo 47 del Dpr 445/2000, con sanzioni penali in caso di dichiarazioni mendaci), dell’amministratore del condominio ovvero del condomino che ha presieduto l’assemblea, nel caso dei condomìni minimi in cui non è stato nominato l’amministratore (cioè fino a otto condòmini, in base all’articolo 1129 del codice civile);
2) in alternativa, sempre per i condomìni, la Cilas poteva essere presentata entro il 25 novembre 2022 e contemporaneamente la delibera doveva risultare adottata dal 19 al 24 novembre 2022 (sempre attestata come sopra);
3) per i proprietari unici di edifici con unità da due a quattro e le Onlus, le Odv e le Aps (non condomìni), la Cilas doveva risultare già presentata alla data del 25 novembre 2022: in questo caso, non serve alcuna delibera del proprietario;
4) per la demolizione e la ricostruzione degli edifici, classificata tra le ristrutturazioni dal Testo unico dell’edilizia, l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo doveva essere presentata entro il 31 dicembre 2022. Questa possibilità riguarda solo i condomìni e i proprietari unici e non anche le unità unifamiliari o le case a schiera (risposta parlamentare n. 5-07599/2022). Spetta anche se alla fine dei lavori vi sarà l’accorpamento delle diverse unità dell’edificio, con l’accatastamento in un’unica unità unifamiliare (risposta 40/2022).

Se il condominio o il proprietario unico non sono riusciti a rispettare queste scadenze, comunque, per tutti i pagamenti che sono stati effettuati entro il 31 dicembre 2022 si può beneficiare della detrazione del superbonus nella misura del 110%, prima della riduzione al 90% prevista per il 2023.In ogni caso, per tutti questi soggetti, il superbonus scenderà al 70% per le spese sostenute nel 2024 e al 65% per quelle sostenute nel 2025.Considerando i tempi tecnici per la convocazione delle assemblee e per la loro effettuazione, molti condomini sono riusciti solo a convocarle entro il 18 novembre o il 24 novembre 2022, ma sono riusciti a deliberare gli interventi solo successivamente al 25 novembre, vanificando l’eventuale presentazione della Cilas entro i termini previsti (rispettivamente il 31 dicembre o il 25 novembre 2022). L’agenzia delle Entrate, ieri, ha confermato quanto detto nella norma, non considerando rilevante la data della convocazione dell’assemblea, ma dando rilevanza solo a quella della delibera degli interventi.

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

 

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Ok a sagoma e sedime diversi, ma la ristrutturazione deve sempre conservare traccia dell’edificio esistente

Lo stabilisce la Cassazione che precisa i limiti degli interventi di recupero (inclusi quelli con demolizione e ricostruzione) anche dopo le Semplificazioni del Dl 76/2020

Per essere qualificati come tali gli interventi di ristrutturazione devono sempre mantenere traccia dell’edificio esistente. Anche a fronte di operazioni di demolizione e ricostruzione degli edifici originari. È la precisazione che arriva dalla Cassazione, con la sentenza n. 1669/2023 pubblicata il 18 gennaio. Un chiarimento importante (e destinato a far discutere) rispetto alle novità normative susseguitesi negli ultimi anni su questo tema, sempre con l’obiettivo di allargare il perimetro degli interventi qualificabili come ristrutturazioni rispetto alle nuove costruzioni.

Al centro della questione un intervento realizzato sulla base di un permesso di costruire rilasciato per la trasformazione di una casa colonica, costituita da due unità immobiliari e altri cinque annessi agricoli di varia tipologia, in un complesso residenziale formato da dieci villini in linea e un parcheggio a raso coperto con pannelli fotovoltaici, nella zona di Loreto (Ancona).

Il caso arriva alla Cassazione a causa del ricorso promosso dal pubblico ministero contro la decisione del Tribunale di Ancona che aveva ribaltato l’ipotesi accusatoria, annullando il sequesto dell’area, basato sulla contestazione del reato di lottizzazione abusiva.

Per decidere la contesa, la Cassazione decide di concentrare l’attenzione sulla configurabilità o meno del dell’intervento come ristrutturazione edilizia, da ultimo ampliato dal decreto Semplificazioni (Dl n.76/2020) fino a ricomprendere «gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversa sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche». Dunque con realizzazioni in larga parte difformi rispetto all’originale, a parte le zone tutelate, successivamente escluse dall’ampliamento dei confini della ristrutturazione dal cosiddetto decreto Bollette (Dl 34/2022).

Il punto è che, per la Cassazione, anche di fronte all’ampliamento della definizione di ristrutturazione previsto dal decreto Semplificazioni del 2020 «permane comunque la ratio qualificante l’intervento edilizio, che postulando la preesistenza di un fabbricato da ristrutturare, è comunque finalizzata al recupero del medesimo, pur con le ammesse modifiche di esso». Traducendo dal giuridichese: la Cassazione segnala che quando si parla di ristrutturazione non si può radere al suolo l’edificio per creare qualcosa di completamente diverso. «In tal senso – si legge poco dopo nella sentenza – si è espressa anche di recente la giurisprudenza amministrativa, laddove ha evidenziato che la ristrutturazione edilizia, quale intervento sul preesistente, non può fare a meno di una certa continuità con l’edificato pregresso».

Di più. Precisando i limiti entro i quali deve muoversi la definizione di ristrutturazione la Cassazione segnala la «necessità che venga conservato l’immobile preesistente, del quale deve essere comunque garantito il recupero». «Allo stesso modo – si legge sempre nella sentenza – la ristrutturazione dei manufatti crollati o demoliti è possibile al solo fine del loro “ripristino”, termine quest’ultimo dal significato univoco nella parte in cui esclude la mera demolizione a vantaggio di un edificio diverso». Inoltre, «la ristrutturazione, per definizione, non può mai prescindere dalla finalità di recupero del singolo immobile che ne costituisce l’oggetto».

Conclusione? Per la Cassazione, «pur con le ampie concessioni legislative in termini di diversità tra la struttura originaria e quella frutto di “ristrutturazione» l’unico modo per distinguere l’intervento di ristrutturazione da quello di nuova costruzione» è che l’operazione di recupero non può prescindere «dal conservare traccia dell’immobile preesistente». Vale a dire che: «con riguardo alla ristrutturazione non vi è spazio per nessun intervento che lasci scomparire ogni traccia del preesistente».

Conclusione destinata forse a far rumore. E che ne caso specifico si traduce in un accoglimento del ricorso del pubblico ministero e in una bocciatura della sentenza del Tribunale di Ancona che aveva deciso il dissequestro dell’area.

Per la Cassazione infatti «seppure la recente novella del 2020 abbia contribuito a delineare la possibilità di interventi di ristrutturazione fortemente innovativi rispetto all’organismo preesistente, tanto che alcuni criteri prima utilizzati dalla legge e giurisprudenza, per sancire la corrispondenza tra i due organismi interessarti appaiono via via sfumati o scomparsi (quali, in sintesi, conriferimento in particolare a zone non vincolate, la fedele ricostruzione comprensiva di limitate innovazioni, oppure, poi, la medesima sagoma /volumetria o, ancora, l’identità del sedime), permane il requisito, insuperabile, per cui deve pur sempre trattarsi di interventi di recupero del medesimo immobile ancorché trasformato in organismo edilizio in tutto o in parte diverso». «Per cui – conclude la sentenza – , in tale quadro va esclusa la moltiplicazione, da un unico edificio, di plurime distinte strutture o, di converso, l’assorbimento di plurimi immobili in un unico complesso edilizio».

 

(Fonte: il sole24ore.com)

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Superbonus e cessione del credito: approvata la legge di conversione del Decreto Aiuti-quater

La Camera ha votato la fiducia posta dal Governo sul disegno di legge di conversione del D.L. n. 176/2022, oggi il voto finale sul provvedimento

Dopo il via libera della Camera dei Deputati (205 a favore, 141 contrari e 4 astenuti) alla fiducia posta dal Governo sul disegno di legge di conversione, con modificazioni, del Decreto Legge 18 novembre 2022, n. 176 (Decreto Aiuti-quater), è previsto per oggi il voto definitivo sull’approvazione del provvedimento a cui seguirà poi la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Superbonus e cessione del credito: confermate le modifiche

Ma con il voto di fiducia al Governo possono ormai essere considerate definitive (anche se non ancora ufficiali) le modifiche che riguardano le detrazioni fiscali previste dal Decreto Legge n. 34/2020 (Decreto Rilancio), il superbonus, il meccanismo delle opzioni alternative (sconto in fattura e cessione del credito) e le possibilità di finanziamento per le imprese in crisi di liquidità.

Ma andiamo con ordine e chiariamo subito che per leggere il quadro complessivo delle novità è necessario affiancare le modifiche previste dall’art. 9 del Decreto Aiuti-quater a quelle già in vigore inserite all’interno dell’art. 1, comma 894 della Legge 29 dicembre 2022, n. 197 (Legge di Bilancio 2023) che, com’è ormai noto, ha riscritto il sistema delle eccezioni per utilizzare il superbonus con aliquota al 110% anche sulle spese sostenute nel 2023.

Dalla lettura combinata delle due disposizioni è possibile giungere ad un quadro normativo differenziato in base ai soggetti beneficiari della detrazione fiscale, ovvero quelli previsti all’art. 119, comma 9 del Decreto Rilancio alle lettere a), b) e d-bis) ovvero gli interventi realizzati:

  • dai condomini o assimilati tali per la presenza di parti comuni come previste all’art. 1117 del codice civile;
  • dalle persone fisiche proprietarie e comproprietarie con altre persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, di edifici composti da due a quattro unità immobiliari distintamente accatastate;
  • dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, su edifici unifamiliari o unità immobiliari con accesso autonomo e funzionalmente indipendenti;
  • dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, dalle organizzazioni di volontariato e dalle associazioni di promozione sociale.

Rimodulazione dell’incentivo

La prima considerazione da fare riguarda la decisione di rimodulare l’incentivo fiscale dal 110% al 90% sulle spese sostenute nel 2023. Viene, infatti, modificato l’art. 119, comma 8-bis del Decreto Rilancio che nella sua versione definitiva diventerà il seguente che per comodità suddividiamo nei suoi singoli periodi:

  • periodo 1 – Per gli interventi effettuati dai condomini, dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera a), e dai soggetti di cui al comma 9, lettera d-bis), compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso condominio o dello stesso edificio, compresi quelli effettuati su edifici oggetto di demolizione e ricostruzione di cui all’articolo 3, comma 1, lettera d), del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, nella misura del 110 per cento per quelle sostenute entro il 31 dicembre 2022, del 90 per cento per quelle sostenute nell’anno 2023, del 70 per cento per quelle sostenute nell’anno 2024 e del 65 per cento per quelle sostenute nell’anno 2025.
  • periodo 2 – Per gli interventi effettuati su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 marzo 2023, a condizione che alla data del 30 settembre 2022 siano stati effettuati lavori per almeno il 30 per cento dell’intervento complessivo, nel cui computo possono essere compresi anche i lavori non agevolati ai sensi del presente articolo.
  • periodo 3 – Per gli interventi avviati a partire dal 1° gennaio 2023 su unità immobiliari dalle persone fisiche di cui al comma 9, lettera b), la detrazione spetta nella misura del 90 per cento anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023, a condizione che il contribuente sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare, che la stessa unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale e che il contribuente abbia un reddito di riferimento, determinato ai sensi del comma 8-bis.1, non superiore a 15.000 euro.
  • periodo 4 – Per gli interventi effettuati dai soggetti di cui al comma 9, lettera c), compresi quelli effettuati dalle persone fisiche sulle singole unità immobiliari all’interno dello stesso edificio, e dalle cooperative di cui al comma 9, lettera d), per i quali alla data del 30 giugno 2023 siano stati effettuati lavori per almeno il 60 per cento dell’intervento complessivo, la detrazione del 110 per cento spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2023.

Relativamente all’utilizzo del superbonus 90% per gli interventi sulle unifamiliari e le unità immobiliari con accesso autonomo e funzionalità indipendente, viene aggiunto il seguente comma 8-bis.1:

Ai fini dell’applicazione del comma 8-bis, terzo periodo, il reddito di riferimento è calcolato dividendo la somma dei redditi complessivi posseduti, nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa, dal contribuente, dal coniuge del contribuente, dal soggetto legato da unione civile o convivente se presente nel suo nucleo familiare, e dai familiari, diversi dal coniuge o dal soggetto legato da unione civile, di cui all’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, presenti nel suo nucleo familiare, che nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa si sono trovati nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12, per un numero di parti determinato secondo la Tabella 1-bis, allegata al presente decreto.

La tabella 1-bis definisce le modalità di calcolo del quoziente familiare necessario per determinare il reddito di riferimento del contribuente che sostiene le spese. Ecco la tabella:

Numero di parti
Contribuente
1
Se nel nucleo familiare è presente un coniuge, il soggetto legato da unione civile o la persona convivente
si aggiunge 1
Se nel nucleo familiare sono presenti familiari, diversi dal coniuge di cui all’articolo 12 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dal soggetto legato da unione civile o dal convivente, che nell’anno precedente quello di sostenimento della spesa si sono trovati nelle condizioni previste nel comma 2 del medesimo articolo 12, in numero pari a:
un familiare
si aggiunge 0,5
due familiari
si aggiunge 1
tre o più familiari
si aggiunge 2

All’art. 119, comma 8-ter, dopo il primo periodo è aggiunto il seguente: “Fermo restando quanto previsto dal comma 10-bis, per gli interventi ivi contemplati la detrazione spetta anche per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025 nella misura del 110 per cento”.

Il sistema delle eccezioni

Come anticipato, il comma 2 dell’art. 9 sarà abrogato e per il sistema delle eccezioni alla rimodulazione dell’incentivo occorre far riferimento alla Legge di Bilancio 2023 che prevede la possibilità di utilizzare la maggiore aliquota del 110% per gli interventi realizzati:

  • dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arte o professione, proprietarie o comproprietarie di edifici da 2 a 4 u.i. autonomamente accatastate, che abbiano presentato la CILAS entro il 25 dicembre 2022;
  • dai condomini o assimilati tali che:
    • entro il 18 novembre 2022 abbiano deliberato l’approvazione dell’esecuzione dei lavori ed entro il 31 dicembre 2022 abbiano presentato la CILAS;
    • tra il 19 e il 24 novembre 2022 abbiano deliberato l’approvazione dell’esecuzione dei lavori ed entro il 25 novembre 2022 abbiano presentato la CILAS;
  • per gli interventi di demolizione e ricostruzione con istanza per l’acquisizione del titolo presentata entro il 31 dicembre 2022.

La data di approvazione della delibera di esecuzione dei lavori dovrà essere attestata con apposita dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà rilasciata ai sensi dell’articolo 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445:

  • dall’amministratore del condominio;
  • nel caso in cui, ai sensi dell’articolo 1129 del codice civile, non vi sia l’obbligo di nominare l’amministratore e i condomini non vi abbiano provveduto, dal condomino che ha presieduto l’assemblea.

Contributo per i soggetti a basso reddito

L’art. 9, comma 3 prevede l’erogazione di un contributo (che non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi) in favore dei soggetti che si trovano nelle condizioni reddituali di cui all’articolo 119, commi 8-bis e 8-bis.1, del Decreto Rilancio, per gli interventi di cui al suddetto comma 8-bis, primo e terzo periodo. Per l’erogazione di questo contributo è autorizzata la spesa nell’anno 2023 di 20 milioni di euro. Il contributo sarà erogato dall’Agenzia delle entrate, secondo criteri e modalità determinati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze da adottarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Aiuti-quater.

Utilizzo della detrazione indiretta in 10 anni

L’art. 9, comma 4 del Decreto Aiuti-quater prevede una deroga alla disciplina del meccanismo delle opzioni alternative alla detrazione fiscale di cui all’art. 121 del Decreto Rilancio, stabilendo la possibilità che i crediti d’imposta derivanti dalle comunicazioni di cessione o di sconto in fattura inviate all’Agenzia delle entrate entro il 31 ottobre 2022 e non ancora utilizzati possano essere fruiti in 10 rate annuali di pari importo, in luogo dell’originaria rateazione prevista per i predetti crediti, previo invio di una comunicazione all’Agenzia delle entrate da parte del fornitore o del cessionario.

Via libera a 3 cessioni in favore delle banche

L’art. 9, commi 4-bis e 4-ter prevedono una modifica retroattiva al meccanismo di cessione del credito, stabilendo la possibilità di 3 cessioni in luogo delle attuali 2 effettuate a favore di banche e intermediari finanziari. In questo modo avremo:

  • una prima cessione libera;
  • tre cessioni a banche e intermediari finanziari;
  • un’ulteriore cessione dalle banche in favore di soggetti diversi dai consumatori o utenti, che abbiano stipulato un contratto di conto corrente con la banca stessa.

Garanzia SACE per i finanziamenti alle imprese in crisi di liquidità

L’art. 9, comma 4-quater stabilisce che la società SACE S.p.A. possa concedere le garanzie di cui all’articolo 15 del Decreto-Legge 17 maggio 2022, n. 50, alle condizioni, secondo le procedure e nei termini ivi previsti, in favore di banche, di istituzioni finanziarie nazionali e internazionali e degli altri soggetti abilitati all’esercizio del credito in Italia, per finanziamenti sotto qualsiasi forma, strumentali a sopperire alle esigenze di liquidità delle imprese rientranti nelle categorie contraddistinte dai codici ATECO 41 e 43, che hanno realizzato interventi di superbonus.

Cosa cambia per le unifamiliari

Relativamente alle unifamiliari, per gli interventi avviati dall’1 gennaio 2023 potranno accedere alla detrazione del 90% unicamente gli interventi per i quali:

  • il contribuente che sostiene le spese sia titolare di diritto di proprietà o di diritto reale di godimento sull’unità immobiliare;
  • l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale;
  • il contribuente che sostiene le spese abbia un reddito di riferimento non superiore a 15.000 euro, determinato utilizzando la procedura di cui all’art. 119, comma 8-bis.1 del Decreto Rilancio e il quoziente familiare di cui alla Tabella 1-bis, allegata al D.L. n. 34/2020 stesso.

In questo modo, per questi soggetti non vale più quanto previsto all’art. 119, comma 10 del Decreto Rilancio che relativamente agli interventi di cui ai commi da 1 a 3 (ecobonus) consentiva l’utilizzo del superbonus sul numero massimo di due unità immobiliari.

Gli stessi soggetti non potranno utilizzare il superbonus neanche per la demoricostruzione di unità collabenti visto che sulle stesse risulta impossibile che siano adibite ad abitazione principale.

 

(Fonte: lavoripubblici.it)

 

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Superbonus, da gennaio parte la stretta delle Soa

Nei lavori sopra i 516mila euro scatta l’obbligo di avere l’attestazione come per i lavori pubblici. L’Ance chiede chiarimenti su calendario, fase transitoria, applicazione di classifiche e categorie

La rivoluzione delle Soa nei lavori collegati ai bonus edilizi si prepara a decollare. La stretta messa in piedi lo scorso 21 maggio, con l’articolo 10-bis del decreto legge n. 21/2022, non ha finora avuto effetti diretti. Dal primo gennaio, però, si parte: l’attestazione Soa, tipica dei contratti pubblici, diventa obbligatoria anche nei lavori privati di importo superiore ai 516mila euro che ottengono incentivi fiscali. La novità punta ad aumentare il livello di qualificazione delle imprese che effettuano grandi lavori per i quali si ottengono i bonus: vista la quantità di risorse pubbliche investite dall’Erario, andava chiusa la stagione dei soggetti che si improvvisano costruttori per intercettare le agevolazioni. Lo strumento scelto è l’attestato rilasciato da una Società organismo attestazione (Soa, soggetto di diritto privato vigilato dall’Anac), che oggi serve nelle opere pubbliche di importo superiore ai 150mila euro. Per il rilascio della qualificazione Soa si verifica una lunga serie di requisiti, come l’essere in regola con i versamenti contributivi e previdenziali o con le norme in tema di infiltrazioni mafiose.

Soprattutto, però, si fanno verifiche su capacità economica (misurando i lavori eseguiti in passato), attrezzature, personale dipendente. In sostanza, è impossibile che un’impresa appena costituita, e magari improvvisata, ottenga una qualificazione di questo tipo.A pochi giorni dalla partenza, però, il mercato viaggia nell’incertezza, perché la norma che regola questo obbligo (in vigore dal 21 maggio) presenta ambiguità che, nel frattempo, nessuno è intervenuto a chiarire. Dall’Ance, così, arriva la richiesta di delucidazioni ufficiali soprattutto su due aspetti: il periodo transitorio e le modalità di applicazione delle regole sui contratti pubblici.Il primo problema nasce dal fatto che la legge indica tre momenti diversi per la piena entrata in vigore dell’obbligo: oltre al 21 maggio 2022, c’è il primo gennaio e, poi, il primo luglio 2023. Partendo dall’interpretazione dell’Ance (condivisa da larga parte del mercato), per i contratti di appalto/subappalto di lavori legati a bonus edilizi (sia il superbonus che quelli “minori”), le imprese esecutrici non devono dimostrare il possesso di alcun requisito nel caso in cui i lavori si chiudano entro il 31 dicembre 2022.

«Laddove, però, i lavori vadano oltre questa data, si applicano le stesse regole che valgono per i contratti che vengono sottoscritti dal 1° gennaio 2023», spiegano dall’associazione. Quindi, tra questa data e il 30 giugno 2023, le imprese esecutrici potranno, al momento dell’affidamento dei lavori, o dimostrare il possesso della qualificazione Soa o dimostrare l’avvenuta sottoscrizione di un contratto con una Soa, «finalizzato al rilascio della relativa attestazione». Dal primo luglio scatta per tutti il terzo step e sarà obbligatorio aver ottenuto l’attestazione Soa, pena il mancato riconoscimento delle detrazioni relative alle spese sostenute dopo quella data. Sono comunque fuori i contratti relativi a interventi avviati e in corso di esecuzione al 21 maggio 2022 e i contratti i cui lavori non erano avviati al 21 maggio, ma la cui sottoscrizione risulti essere stata effettuata prima di quella data.Su questa interpretazione, però, qualcuno avanza dubbi. Facendo leva sul fatto che la legge chiede il rispetto dei requisiti «al momento della sottoscrizione del contratto di appalto», Antonio Piciocchi, senior partner Deloitte, ipotizza che «già per gli accordi firmati dopo il 21 maggio l’impresa, quando riceve l’incarico, dovrebbe avere almeno avviato le pratiche per ottenere la Soa. Un paletto che, applicato in questi termini, sarebbe vessatorio».

Un chiarimento ufficiale, allora, è urgente.L’altro aspetto sul quale, secondo l’Ance, servirebbe un chiarimento è legato alle modalità di applicazione delle regole sulle Soa. La legge, infatti, fa un rinvio generico al Codice appalti, ma non spiega come vada applicato il sistema delle attestazioni, che prevede classifiche di importo e un sistema di 52 categorie di opere, a seconda del tipo di appalto: chi è specializzato nel realizzare edifici civili non lavora sulle dighe o sugli impianti tecnologici. Questo sistema si applica in maniera puntuale o è sufficiente avere un’attestazione qualsiasi? L’Ance ritiene che «la categoria debba essere coerente con la tipologia dei lavori trainanti affidati. Per quanto riguarda, invece, la classifica di importo in via prudenziale è opportuno che sia adeguata all’importo dei lavori». Anche in questo caso, però, qualcuno avanza dubbi: servirebbero chiarimenti.Ma i problemi non finiscono qui. In ballo c’è la questione della soglia. La norma parla di 516mila euro, ma non spiega a cosa sono riferiti. Per l’Ance il riferimento è l’importo dei lavori «così come definito nel singolo contratto di affidamento».

Di conseguenza, «se l’importo delle lavorazioni che formano oggetto del singolo affidamento non supera tale soglia, le imprese esecutrici non dovranno essere qualificate». Ancora, ci si chiede cosa succede in caso di lavori affidati ad un general contractor, che si limiti solo a coordinare l’attività, affidandola a terzi. Per l’Ance, l’attestazione Soa, sopra i 516mila euro, dovrà essere dimostrata dalle imprese esecutrici e non dal general contractor, a meno che questo non sia anche esecutore dei lavori. Anche qui, però, c’è chi non concorda e considera necessaria la qualificazione per il general contractor. Infine, c’è il tema dell’apposizione del visto. In questo caso – conclude Piciocchi – «è necessario adottare la stessa modalità proposta per il controllo relativo all’applicazione del Ccnl, in base alla quale sarà sufficiente acquisire una dichiarazione sostitutiva di atto notorio da parte dell’appaltatore principale nella quale dichiara che tutti i subappaltatori per importi oltre i 516mila euro rispettano i requisiti previsti» dalla legge. Sul punto, però, dovranno pronunciarsi le Entrate.

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

 

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Superbonus 110%, rispunta il mini rinvio: ecco come funzionerà

Al tavolo della Manovra torna la proroga delle comunicazioni di inizio lavori asseverati. Ma si lavora a un regime più severo sulle responsabilità

Torna in pista la mini proroga delle comunicazioni di inizio lavori asseverati (Cilas) al 31 dicembre 2022. Ma allo stesso tempo si lavora per un regime più severo delle responsabilità degli amministratori di condominio per evitare elusioni sulla scadenza del 24 novembre per adottare le delibere dei lavori: con la dichiarazione di falso scatterà, infatti, il reato. Mentre per varare misure sblocca crediti il ministero dell’Economia vuole comunque cautelarsi e chiedere preventivamente a Eurostat se sia sostenibile la possibilità di compensare automaticamente una quota dell’1% degli F24 presi in carico dalle banche per i versamenti fiscali e contributivi dei clienti con i crediti da bonus edilizi.

Il lavoro della cabina di regia

Resta sul tavolo anche l’ipotesi di una sblocca sequestri. Governo e maggioranza sono a lavoro per trovare una quadra sugli emendamenti da votare già da metà della prossima settimana al decreto Aiuti quater in commissione Bilancio al Senato. Un tema a cui è stata dedicata parte del dibattito nel vertice di mercoledì 7 dicembre a Palazzo Chigi con i capigruppo della maggioranza, che ha delineato le sorti delle possibili modifiche alla Manovra. Tanto che all’uscita Licia Ronzulli di Forza Italia ha reso noto il fatto che «c’è una cabina di regia, un tavolo tecnico che sta lavorando» e che si va verso un emendamento del Governo al Dl che «andrà nella direzione chiesta da Forza Italia quindi sicuramente sulla proroga al 31 dicembre e anche una soluzione per la cessione dei crediti incagliati».

Ipotesi coinvolgimento Cassa depositi e prestiti

Da Fratelli d’Italia, è uno dei due relatori al decreto Aiuti quater, Guido Quintino Liris, a spiegare quale siano i punti da portare avanti: «Ben venga la proroga sulle Cilas per andare incontro a chi non è riuscito a presentarle regolarmente entro il 25 novembre, finendo di fatto in un imbuto. Ma ho personalmente preso un impegno con i rappresentanti delle imprese per riaprire la partita degli F24, superando i timori della Ragioneria in relazione alle interpretazioni di Eurostat. In alternativa siamo pronti a studiare il possibile coinvolgimento di Cassa depositi e prestiti, come una sorta di riferimento di ultima istanza».

Verso una nuova finestra al 31 dicembre

La partita , dunque, si gioca su più piani. Sono ormai cadute le resistenze sulla proroga delle Cilas. Da fonti governative è arrivata l’indicazione che si sta studiando un emendamento del relatore o del Governo per prevedere il rinvio del termine di presentazione della Cilas dal 25 novembre al 31 dicembre 2022, fermo restando che le assemblee condominiali dovranno aver deliberato l’ok ai lavori entro la scadenza fissata dal decreto Aiuti quater (ossia entro il 24 novembre). L’altro lato della medaglia è la linea dura, anzi durissima, preannunciata nei confronti degli amministratori di condominio con l’espressa previsione di un reato in caso di una dichiarazione falsa sulla data di adozione della delibera per rientrare nel 110% e non invece nel 90 per cento.

Il nodo dello sblocco dei crediti non compensabili

Al momento, la sfida più difficile, però, è rappresentata dallo sblocco dei crediti, che non possono essere utilizzati in compensazione. Nonostante le argomentazioni dei sostenitori dell’utilizzo dei crediti come moneta fiscale, il ministero dell’Economia si è mosso preventivamente e ha avviato un’interlocuzione con Eurostat. L’obiettivo è capire se possa essere percorsa la strada proposta da Abi e Ance: compensare automaticamente una quota dell’1% degli F24 presi in carico dalle banche per i versamenti fiscali e contributivi dei clienti con i crediti da bonus edilizi.

Sembra invece già scartata, perché finanziariamente insostenibile per le casse dello Stato, l’ipotesi parlamentare di arrivare a una compensazione bonus in F24 fino al 10 per cento. L’Economia punta ad avere la «copertura» preventiva e la rassicurazione da Eurostat che un intervento simile non cambierebbe la natura da «non pagabile» a «pagabile», senza quindi una pericolosa riclassificazione dei crediti come debito pubblico.

Che succede agli importi sequestrati

Sempre sul fronte dei crediti incagliati c’è poi anche la questione tutt’altro che marginale sugli importi sequestrati, che secondo l’ultimo aggiornamento disponibile ammontano a circa 3,6 miliardi di euro. All’esame anche di Palazzo Chigi ci sono due proposte emendative presentate da Fratelli d’Italia (primo firmatario Matteo Gelmetti) e da Forza Italia (primo firmatario Claudio Lotito). I correttivi puntano a far approvare una norma interpretativa (quindi con valore retroattivo), sterilizzando di fatto gli effetti delle pronunce della Cassazione in base alle quali i sequestri di crediti fiscali legati a frodi possono travolgere anche coloro che li hanno acquistati in buona fede.

In estrema sintesi, con gli emendamenti il destino del credito di imposta si svincolerebbe da quello della detrazione. Quindi anche in caso di problemi sull’operazione originaria, chi acquista i crediti non andrebbe incontro ad effetti negativi. In questo modo, i sequestri indirizzati alla detrazione non si estenderebbero anche ai crediti d’imposta acquistati in buona fede. La responsabilità resterebbe solo in caso di utilizzo del credito in modo irregolare o in misura maggiore rispetto all’importo ricevuto.

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

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Audizione Ance in Senato: sbloccare la cessione dei crediti da bonus edilizi e pagare le compensazioni per il caro materiali le priorità

Si è svolta il 29 novembre l’audizione informale dell’ANCE sul DL 176/22 “Aiuti-quater” (DDL 345/S), in presenza, presso la Commissione Bilancio del Senato.

La Presidente Brancaccio ha ricordato, in apertura, che negli ultimi due anni, il settore delle costruzioni ha trainato il PIL e l’occupazione: più di un terzo dell’aumento del PIL del 2022 è legato alla crescita del settore, che ha creato 230.000 posti di lavoro in due anni.

La crescita dell’economia trainata dal settore ha permesso di avere importanti entrate fiscali che hanno permesso anche di finanziare gli aiuti per imprese e famiglie: più del 30% dei maggiori introiti fiscali sono legate al settore. E’ quindi fondamentale mantenere la dinamica positiva del settore ed evitarne il blocco. La storia degli ultimi 15 anni ci insegna infatti che tagliare gli investimenti nel settore alimenta una dinamica negativa sul PIL che conduce a fare nuovi tagli e a politiche recessive.

Da questo punto di vista, il DL Aiuti quater interviene purtroppo con un taglio anticipato al “Superbonus” senza prevedere una politica pluriennale per la riqualificazione energetica e antisismica degli edifici. Inoltre il testo risulta erroneamente in linea di continuità con scelte dei Governi precedenti che hanno cambiato le regole in corsa senza tenere in conto gli effetti nefasti.

Per questo motivo, è auspicabile un cambio di metodo ed il rapido avvio del tavolo di confronto sul futuro dei bonus edilizi annunciato dal Governo in modo da definire una politica che dia un orizzonte certo a famiglie ed imprese che intendono investire sulla riqualificazione del patrimonio edilizio del Paese. E’ inoltre prioritario offrire, già nella fase di conversione del decreto-legge “aiuti quater”, una soluzione alla crisi finanziaria che stanno affrontando le imprese di costruzioni. Dopo 12 anni di crisi, infatti, il settore è finalmente ripartito ma dopo aver resistito alla crisi, le imprese rischiano ora di “fallire per crediti” ovvero di fallire per la mancanza di liquidità dovuta al blocco della cessione dei crediti fiscali e al caro materiali.

Le priorità riguardano quindi:

  • Sbloccare immediatamente la cessione dei crediti fiscali per tutti i cantieri già avviati. Oggi, ci sono decine di migliaia di imprese che rischiano di fallire e migliaia di famiglie che rischiano concretamente di perdere la propria abitazione a causa dei debiti contratti, perché non riescono a trovare operatori finanziari in grado di acquistare i crediti generati.

Sotto questo profilo, le misure del DL Aiuti quater appaiono largamente insufficienti ed andrebbero integrate con la proposta di utilizzo degli F24 che l’Ance ha presentato insieme ad Abi. Tale misura permetterebbe di dare grande sollievo a imprese e famiglie, nel rispetto dei saldi di finanza pubblica già definiti dal Governo in sede di aggiornamento della NADEF;

  • Sbloccare finalmente i pagamenti alle imprese per il caro materiali 2022 -a più di 6 mesi dall’approvazione delle misure nel DL “Aiuti” 50/2022 – e prorogare le misure al 2023. Senza ulteriori interventi, sono a rischio 23.000 cantieri in Italia.

La Presidente è, quindi, passata ad esprimere più nel dettaglio le seguenti valutazioni sul contenuto del decreto-legge:

il ruolo del Superbonus

Il Superbonus ha assunto un ruolo fondamentale nel processo di crescita sostenibile e di transizione ecologica del Paese.

Dal punto di vista ambientale, gli interventi di Superbonus stanno contribuendo, in maniera significativa, alla riduzione dell’impronta ecologica del patrimonio edilizio italiano. Una recente analisi del Cresme “certifica” che, negli ultimi 12 mesi, i 50 miliardi di euro di spesa pubblica hanno generato un risparmio energetico complessivo, calcolato attraverso i parametri MISE ENEA, pari 0,88 MTep/anno, ossia 2,7 volte il target annuo per il residenziale stabilito dal Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima – PNIEC. In altri termini, la replica per gli anni 2023-2024-2025 di quanto realizzato negli ultimi 12 mesi, porterebbe il risparmio del comparto residenziale a 3,5 MTep: superiore al target di 3,3 MTep indicativamente pianificato dal PNIEC per il settore residenziale al 2030.

Dal punto di vista delle emissioni di CO2, gli interventi asseverati negli ultimi 12 mesi hanno prodotto una riduzione annua di emissione di anidride carbonica pari a 3,03 milioni di tonnellate.

In termini di consumi energetici, tema molto attuale, gli investimenti attivati in questi due anni hanno prodotto un risparmio energetico strutturale di 11.700 GWh/anno. Questo risparmio, insieme ai 143 GW/anno di nuova potenza rinnovabile installata, e agli interventi di ecobonus “ordinari, contribuisce a un minor consumo di gas necessario per la produzione elettrica e per il riscaldamento domestico pari a 2 miliardi di metri cubi di gas, pari a più di 2/3 del risparmio di gas previsto dalle misure di riduzione dei consumi per il settore domestico varate ad agosto 2022 per far fronte all’emergenza attuale.

Questi risultati eccezionali avvicinano l’Italia al conseguimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di CO2 fissati in Europa, e che l’Italia ha condiviso (riduzione del 55% delle emissioni di CO2 degli edifici al 2030 e la loro decarbonizzazione al 2050).

Dal punto vista economico, nonostante le 19 modifiche legislative avvenute nel periodo 2020-2022, che hanno comportato continui stop-and-go al mercato, il Superbonus ha avuto comunque uno straordinario effetto espansivo: nel 2021 l’incentivo ha contributo, infatti, alla forte crescita registrata dalle costruzioni (+20,1% su base annua), settore che ha sostenuto per circa un terzo la straordinaria crescita dell’economia italiana (+6,7%). Anche per il 2022 si conferma il forte ruolo propulsivo svolto da tale strumento. Le recenti stime formulate da Ance a ottobre scorso indicano un ulteriore aumento degli investimenti in costruzioni del +12,1% rispetto al 2021.

Una riprova di questo effetto moltiplicativo è arrivata proprio dal comunicato del MEF della scorsa settimana, riguardante l’extra gettito di 54 miliardi di euro (+10,4% rispetto all’analogo periodo del 2021) delle entrate tributarie e contributive nel periodo gennaio-settembre 2022: certamente, una parte di questa sopravvenienza è da ricollegare alle attività legate alla riqualificazione energetica e sismica degli edifici.

Per questa ragione, quando ci si riferisce al Superbonus, più che di “buco”, si dovrebbe parlare di vera e propria “rendita” finanziaria.

Ma questo mercato oggi è completamente bloccato a valle dall’impossibilità per famiglie e imprese di cedere i crediti fiscali.

Per questa ragione, è necessario trovare immediatamente una soluzione efficace per rendere possibile la creazione di nuovo plafond per le banche, in modo da poter acquistare i nuovi crediti che si andranno a generare il prossimo anno e quelli “incagliati”, ossia quei crediti generati da interventi di riqualificazione edilizia effettuati nei mesi scorsi ma che le banche non riescono ad assorbire.

Il taglio al Superbonus e le misure per lo sblocco delle cessioni nel DL Aiuti quater

Il provvedimento interviene in modo significativo sulla disciplina del Superbonus, riducendo l’aliquota dal 110% al 90% sin dal 2023 e fissando, tra l’altro, un periodo transitorio molto limitato.

Si tratta di una modifica che, intervenendo su lavori già programmati, determinerà un rallentamento degli investimenti nella riqualificazione energetica e antisismica degli edifici, compromettendo gli obiettivi legati alla transizione ecologica. Ciò ancor di più per i condomìni, condizionati dalla presenza dei proprietari “incapienti” che non hanno la possibilità di sostenere le spese non coperte dal bonus e, allo stesso tempo, non accedono al contributo finanziario previsto dalla norma (tra l’altro ancora da definire nel dettaglio), in quanto superano, anche di poco, il limite dei 15.000 di reddito calcolato come “quoziente familiare”.

Anche la disciplina transitoria appare molto limitata, perché prevede un termine eccessivamente  ravvicinato rispetto al 19 novembre, data di entrata in vigore del decreto legge, impedendo, di fatto, a coloro che hanno già avviato le iniziative preliminari alla concreta esecuzione dei lavori (ad es. approvazione degli studi di fattibilità, conclusione dei contratti con le imprese esecutrici, assemblee condominiali) di procedere con la definitiva approvazione degli interventi e con la presentazione della CILAS entro il 25 novembre. È, quindi, essenziale prevedere un termine transitorio congruo (es. 15 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione) così da assicurare il Superbonus al 110% agli interventi già programmati.

Inoltre, in tema di cessione dei crediti d’imposta da Superbonus al 110%, il provvedimento consente di diluire in 10 anni (anziché in 5/4 quote), l’utilizzo in compensazione dei crediti da parte dei cessionari o delle imprese che hanno praticato lo sconto in fattura. La disposizione, seppure apprezzabile nell’intento di superare le criticità legate alla circolazione dei crediti d’imposta derivanti dai bonus fiscali, non risolve la questione dell’esaurimento della tax capacity delle banche. A tal fine è invece necessario prevedere un meccanismo “straordinario” e temporaneo di compensazione dei crediti d’imposta ad oggi fermi nei cassetti fiscali degli istituti di credito (derivanti comunque da interventi già eseguiti nel 2021 e 2022 o in corso di ultimazione), con le somme relative agli F24 della clientela, come proposto da Ance insieme ad Abi.

Solo in tal modo si faciliterebbe l’acquisizione da parte del sistema bancario dei crediti incagliati, la cui mancata cessione sta compromettendo la sopravvivenza stessa di tutte quelle imprese che hanno praticato lo sconto in fattura e che ad oggi non sono riuscite a cedere i crediti di imposta.

Occorre, inoltre, ribadire anche in questa sede, la necessità che sia mantenuto l’obbligo della qualificazione SOA per le imprese esecutrici degli interventi (di importo superiore a 516000 euro) che usufruiscono dei benefici fiscali e quindi di risorse pubbliche. Tale obbligo, contenuto nell’articolo 10-bis DL 21/2022, risponde all’obiettivo comune di garantire una virtuosa concorrenza tra gli operatori. La norma rappresenta, infatti, una prima risposta concreta al bisogno di trasparenza, correttezza, affidabilità delle imprese che eseguono lavori di un certo valore assicurando che gli stessi siano eseguiti non solo con una maggiore affidabilità di esecuzione ma anche nel rispetto delle regole di sicurezza sul lavoro. Una norma che deve essere difesa e che deve essere colta come un’ apertura verso nuove opportunità di mercato, finalizzata ad innescare un virtuoso processo di sana competitività.

Le misure sul caro materiali

Per quanto concerne l’esecuzione degli appalti di lavori pubblici, il provvedimento può essere l’occasione per sciogliere alcune criticità relative al problema del caro-materiali nei lavori pubblici.

L’adozione del decreto “Aiuti” di maggio scorso è stato sicuramente un passo avanti, rispetto alla grave problematica del forte aumento del costo dei materiali e delle materie prime nel settore delle costruzioni.

E’ tuttavia necessario apportare alcuni correttivi essenziali al più presto, in mancanza dei quali vi è il concreto rischio che le importanti disposizioni introdotte possano vedere indebolita – o addirittura vanificata – la loro efficacia.

Ad oggi, infatti, la stragrande maggioranza delle imprese non ha ancora ricevuto compensazioni Secondo un’indagine compiuta dall’Ance presso le imprese associate a ottobre scorso, circa il 70% non ha ancora ricevuto alcun ristoro a copertura dei maggiori costi sostenuti, a causa dei rincari dei materiali.

In questo ambito, le priorità riguardano:

  • l’erogazione delle compensazioni previste, che deve essere effettuata senza attendere il riparto dei Fondi, perché oggi avviene con grande lentezza, mettendo in difficoltà le imprese che in questi mesi hanno sostenuto gli extracosti;
  • lo svincolo dell’adozione degli stati di avanzamento dei lavori e dei certificati di pagamento dalla presenza della copertura finanziaria di cui ai predetti Fondi, prevedendo che il pagamento avverrà nel momento della effettiva disponibilità delle risorse trasferite;
  • l’applicazione delle misure del decreto “aiuti” e del decreto “Sostegni-ter” anche alle lavorazioni inizialmente ritenute non conformi dal direttore dei lavori, ma successivamente inserite nella contabilità;
  • l’estensione del DL “sostegni ter” anche alle procedure avviate tra il 1° gennaio 2022 ed il 26 gennaio 2022;

Il provvedimento in esame potrebbe essere, altresì, l’occasione per risolvere talune importanti criticità relative agli accordi-quadro, stante la forte diffusione di questo strumento.

In allegato il documento consegnato agli atti della Commissione con il dettaglio delle valutazioni sulle norme e le ulteriori proposte ANCE.

 

Allegati:

 

(Fonte: ance.it)

 

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Per il Superbonus 11 incroci di date e aliquote

Dalle villette alle case popolari emerge un quadro complesso di possibili combinazioni tra scadenze e detrazioni da fine 2022 al 2025

Un nuovo dedalo di date, percentuali di agevolazione e requisiti da rispettare. Il decreto Aiuti quater avvia un’operazione che – nelle intenzioni dell’esecutivo – guarda alla semplificazione del sistema delle agevolazioni casa per l’efficientamento energetico. In attesa di uniformare i bonus, però, il primo effetto è di creare un lungo elenco di casi differenziati. Anche perché il decreto agisce su una norma già particolarmente complessa (la versione attuale dell’articolo 119 del decreto Rilancio supera i 35mila caratteri!).Le combinazioni “data-detrazione” sono undici, dalle case popolari al Terzo settore. Le situazioni più frequenti, però, riguardano condomini e abitazioni unifamiliari. Gli immobili condominiali avranno il 110% per le spese effettuate fino a fine 2022, mentre nel 2023 avranno il 90 per cento. Mantiene invece il 110% fino a fine 2023 chi entro venerdì 25 novembre presenta una Cilas, purché entro la data antecedente (quindi, entro il 24) approvi in assemblea la delibera relativa ai lavori. Negli anni seguenti resta, poi, per tutti i condomìni la riduzione già programmata: 70% nel 2024 e 65% nel 2025. Altri due scenari riguardano le abitazioni unifamiliari.

C’è, anzitutto, il caso di chi ha completato il 30% dei lavori al 30 settembre scorso, presentando una dichiarazione del direttore lavori che abbia attestato questo requisito. Questi soggetti potranno prendersi tempo fino al prossimo 31 marzo per le spese, accedendo comunque al 110% (non più, come prima, il 31 dicembre). Al contrario, chi non ha rispettato il requisito del 30 settembre, per le spese effettuate dopo il 30 giugno 2022 potrà godere solo dei bonus minori. Sempre per le unifamiliari, dal 2023 (e fino a fine anno) cambia tutto: scatta l’agevolazione al 90% ma solo per le prime case e solo per chi, in base al nuovo quoziente familiare, non supera il tetto di 15mila euro di reddito. Restano, poi, fuori le spese effettuate da comodatari, locatari e, con ogni probabilità, anche conviventi (anche se su questo l’agenzia delle Entrate dovrà pronunciarsi). Saranno ammesse solo quelle dei proprietari o dei titolari di diritti reali di godimento (come l’usufrutto).Queste regole guidano le agevolazioni anche per altri immobili assimilati. I fabbricati composti da due a quattro unità – di proprietà di un unico soggetto o in comproprietà tra più persone fisiche – seguono le regole dei condomini.

Unica eccezione: non serve la delibera condominiale per salvare il 110% nel 2023, ma solo la Cilas. Allo stesso modo, le unità residenziali con impianti e accesso autonomi (come i loft) sono considerati al pari delle case unifamiliari. Potrebbe attenuarsi, allora, la spinta a frazionare le unità singole per trattarle come “edifici di un unico proprietario”.Il decreto Aiuti quater tocca anche le agevolazioni dedicate agli enti del Terzo settore. Questi soggetti sono coinvolti dalla riduzione prevista per il 2023: il 90% riguarderà anche loro, con il successivo calo nel 2024 e 2025 (70% e 65%). Anche loro, però, possono salvarsi con la Cilas entro il 25 novembre. C’è, però, un ulteriore scenario. Gli enti del Terzo settore che svolgano attività legate a prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali potranno effettuare lavori al 110% fino al 2025. Purché rispettino una serie di limiti: l’eccezione, tra le altre cose, vale solo per le categorie catastali B/1, B/2 e D/4. Ci sono, poi, le aree colpite da eventi sismici, dove – a certe condizioni – si può avere il 110% fino a tutto il 2025. E le case popolari, per le quali è rimasto invariato il calendario che punta a fine 2023 con il test sull’avanzamento lavori al prossimo 30 giugno.

Le situazioni caso per caso:

1 – CONDOMINI – Bonus ridotto al 90% senza prenotazione
Per i condomìni che alla data del 25 novembre hanno comunicato la Cilas e, in data antecedente, hanno adottato la delibera sui lavori:superbonus al 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023; superbonus ridotto al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025 Per gli altri condomìni:superbonus al 110% per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2022; superbonus ridotto al 90% nel 2023, al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025

2 – ABITAZIONI SINGOLE – Due regimi per villette e unità indipendenti
Per chi il 30 settembre scorso ha effettuato il 30% dell’intervento complessivo:superbonus al 110% per le spese fino al 31 marzo 2023 (per chi non è arrivato al 30%, scadenza il 30 giugno 2022) Per chi avvia i lavori dal 1° gennaio 2023 su un’unità di cui sia proprietario o titolare di diritto reale: superbonus al 90% fino al 31 dicembre 2023 a patto che la casa sia abitazione principale e il beneficiario abbia un reddito di riferimento non superiore a 15mila euro

3 – EDIFICI DA 2 A 4 UNITÀ – Incentivo prenotato come in condominio
Per l’unico proprietario o i comproprietari persone fisiche di un edificio da 2 a 4 unità che al 25 novembre hanno comunicato la Cilas:superbonus al 110% per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2023; superbonus ridotto al 70% nel 2024 e al 65% nel 2025 Per chi non rispetta il requisito di prenotazione:110% entro il 31 dicembre 2022; 90% nel 2023, poi 70% nel 2024 e 65% nel 2025

4 – ZONE TERREMOTATE – Aliquota al 110% fino a fine 2025
Interventi su tutti i tipi di immobili agevolati dal superbonus, effettuati nei Comuni colpiti da terremoti verificatisi dal 1° aprile 2009, in cui è stato dichiarato lo stato di emergenza, su edifici danneggiati dal sisma:superbonus al 110% sulle spese sostenute fino al 31 dicembre 2025, solo per la parte eccedente l’eventuale contributo per la ricostruzione; 110% fino al 31 dicembre 2025 con spesa maggiorata del 50% se rinuncia al contributo per la ricostruzione

5 – CASE POPOLARI – Verifica sui lavori eseguiti a giugno ’23
Interventi eseguiti da istituti case popolari (comunque denominati), compresi quelli di persone fisiche sulle singole unità nello stesso edificio, e cooperative edilizie a proprietà indivisa su immobili dalle stesse posseduti e assegnati ai propri soci, per i quali alla data del 30 giugno 2023 sarà stato eseguito almeno il 60% dell’intervento complessivo: superbonus al 110% fino al 31 dicembre 2023 (per chi non sarà arrivato al 60%, scadenza al 30 giugno 2023)

6 – TERZO SETTORE – Determinante il deposito della Cilas
Per gli enti del Terzo settore (lett. d-bis, comma 9, art. 119) che al 25 novembre hanno comunicato la Cilas:al 110% fino a fine 2023; 70% nel 2024 e 65% nel 2025 Per gli enti che non rispettano il requisito di prenotazione:110% fino a fine 2022; 90% nel 2023, poi 70% nel 2024 e 65% nel 2025. Enti che beneficiano della spesa maggiorata (c. 10-bis, art. 119)

 

(Fonte: ilsole24ore.com)

 

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Superbonus, il Consiglio generale Ance: si rischia il blocco totale

Cambiare repentinamente le regole in corso senza regime transitorio e sblocco della cessione dei crediti significa mettere a repentaglio migliaia di imprese e decine di migliaia di posti di lavoro 

Forte grido di allarme da parte del Consiglio generale dell’Ance è quello emerso oggi a seguito delle annunciate nuove modifiche alla disciplina dei bonus edilizi che secondo indiscrezioni sembrerebbero entrare in vigore in tempi strettissimi mettendo in grande difficoltà famiglie e imprese.

“Impensabile cambiare le regole in corso ancora una volta e con effetto immediato, senza per giunta aver individuato una soluzione per sbloccare i crediti incagliati”, ha dichiarato la Presidente Brancaccio interpretando la forte preoccupazione delle imprese intervenute numerose a Roma. Secondo l’Ance senza un regime transitorio adeguato e una soluzione concreta per sbloccare i crediti incagliati, come quella individuata insieme all’Abi che prevede l’utilizzo degli F24il superbonus si bloccherà per sempre.

Con gravi ripercussioni sia economiche che in termini di transizione ecologica, dato che senza un piano di riqualificazione energetica degli edifici appare impensabile centrare gli obiettivi di risparmio energetico e di lotta ai cambiamenti climatici ribaditi anche recentemente dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul clima, riunita a Sharm El Sheikh.

“Insieme a tutta la filiera, ai sindacati e ai professionisti del settore chiediamo quindi subito un tavolo di confronto per definire un quadro di regole chiaro e stabile che consenta all’Italia di non arretrare nel percorso di crescita e di raggiungimento degli obiettivi di risparmio e di autonomia energetica che la maggioranza di Governo ha sempre dichiarato di voler perseguire”.

(Fonte: ance.it)

 

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Bonus, Abi e Ance: soluzione immediata per sbloccare i crediti fiscali delle imprese

Abi e Ance hanno insieme scritto al Governo una lettera per richiamare l’attenzione sulla gravità della situazione nella quale si trovano, oramai da mesi, migliaia di cittadini e imprese che hanno fatto affidamento su misure di incentivazione indirizzate verso l’efficientamento energetico e sismico nonché per altre attività connesse al nostro patrimonio immobiliare.

In particolare, scrivono i Presidenti Patuelli e Brancaccio, occorre scongiurare al più presto una pesante crisi di liquidità per le imprese della filiera che rischia di condurle a gravi difficoltà a causa di crediti fiscali maturati e che in questo momento non è più possibile cedere, visti anche i limiti delle capienze fiscali.

Abi e Ance chiedono quindi una misura tempestiva e di carattere straordinario che consenta agli intermediari di ampliare la propria capacità di acquisto utilizzando una parte dei debiti fiscali raccolti con gli F24, compensandoli con i crediti da bonus edilizi ceduti dalle imprese e acquisiti dagli intermediari.

Questa soluzione, scrivono i Presidenti di Abi e Ance, permetterebbe agli intermediari di ampliare la loro capacità di acquisto di crediti certi e verificati dagli intermediari stessi, al momento non utilizzabili.

 

(Fonte: ance.it)

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Cessione bonus fiscali, in caso di frode la Cassazione ammette il sequestro dei crediti d’imposta

Cessione bonus fiscali, in caso di frode la Cassazione ammette il sequestro dei crediti d’imposta

In presenza di frode riguardante la spettanza dei bonus fiscali in capo ai beneficiari originari, è legittimo disporre il sequestro preventivo dei corrispondenti crediti d’imposta, anche se i cessionari siano estranei al reato e, nell’acquistarli, abbiano agito con buona fede.

Queste le conclusioni cui giunge la Corte di Cassazione, Sez. 3 Penale, in cinque diverse Sentenze tutte dello scorso 28 ottobre 2022, tra le quali la Sentenza n.40867/2022, dove vengono esaminate fattispecie relative al “sequestro preventivo impeditivo”, che può essere disposto qualora “la libera disponibilità della cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati” (art.321, co.1, del Codice di procedura penale – cfr anche le altre Sentenze del 28 ottobre u.s., n. 40865/2022, n.40866/2022, n.40868/2022 e n.40869/2022).

In particolare, a differenza del “sequestro anticipatorio preordinato alla confisca”, che presuppone la responsabilità del cessionario, il “sequestro preventivo impeditivo” non richiede un collegamento tra il reato e il suo autore, ma il semplice “collegamento tra il reato e la cosa”, così da potersi applicare anche con riferimento ai crediti da bonus edilizi, compreso il 110%, qualora sia avviata una procedura d’accertamento sulla frode “a monte” in capo al beneficiario originario della detrazione.

Infatti, a parere della Corte di Cassazione, i crediti ceduti costituiscono un’evoluzione del diritto alla detrazione e, pertanto, devono considerarsi comunque “cosa pertinente al reato” che ha coinvolto il beneficiario originario del bonus. In questo senso, non viene accolta la tesi difensiva “secondo cui, esercitata l’opzione per la cessione del credito, e dunque rinunciato dal beneficiario l’originario diritto alla detrazione …, il credito stesso sorgerebbe – in capo al cessionario – a titolo originario, quindi depurato da qualunque vizio, anche radicale, che avesse eventualmente colpito il diritto alla detrazione”.

Possono, quindi, essere oggetto di sequestro cose (crediti d’imposta) di proprietà di un terzo in buona fede (cessionario), se la loro disponibilità sia idonea a configurare un pericolo per il protrarsi o per l’aggravamento del reato.

Inoltre, le disposizioni di carattere fiscale, che limitano la responsabilità solidale del cessionario alla sola ipotesi di concorso in violazione nel reato (art.121, co.4-6, DL 34/2020-legge 77/2020), non escludono comunque il ricorso al “sequestro preventivo impeditivo”, in quanto la norma penale non viene derogata dalla disposizione tributaria.

Di contro, per impedire il sequestro del credito a danno del cessionario in buona fede, occorrerebbe una deroga espressa, di carattere normativo, all’applicazione di tale istituto, in assenza della quale l’unica circostanza che rileva è la sussistenza del “collegamento tra il reato e la cosa” (ossia tra la frode riguardante la detrazione originaria e il corrispondente credito d’imposta oggetto di cessione).

Pertanto, solo una norma espressa potrebbe superare definitivamente la criticità e garantire la non sequestrabilità del credito acquisito da un soggetto estraneo al rapporto che ha generato la detrazione.

In ogni caso, occorre evidenziare che la Cassazione interviene su ipotesi acclarate di frodi nei confronti dello Stato per fatturazione di operazioni inesistenti, ossia di lavori agevolati non eseguiti. Si tratta, quindi, di esistenza “a monte” di reati fiscali di carattere penale.

Le Sentenze, inoltre, rendono sempre più evidente la necessità di affidarsi ad imprese serie e solide che garantiscano la regolare ed effettiva esecuzione dei lavori e i corretti adempimenti nella procedura di cessione dei crediti. Le norme sulla necessità della SOA, della congruità della manodopera utilizzata e dell’indicazione dell’uso del contratto collettivo, fortemente volute dall’ANCE, rappresentano un deciso passo avanti verso questa direzione.

 

(Fonte: ance.it)